Da oggi e per i martedì a seguire inizia una nuova rubrica culturale della biblioteca:
I Consigli della Psicoterapeta.
Lei è Lucia Destino e l’abbiamo conosciuta e apprezzata professionalmente e umanamente anni fa e ora è una grande amica della Biblioteca De Leo. Ogni martedì ci consiglierà un libro.
Titolo: La casa degli sguardi.
Autore: Daniele Mencarelli
Genere: Narrativa
Editore: Mondadori
Anno di Pubblicazione: 2018
Riconoscimenti: Premio Volponi, Primio Severino Cesari Opera Prima, Premi John Fante Opera Prima.
Roma, 1999.
Daniele è un ragazzo, un poeta, che da quattro anni vive un periodo di crisi profonda.
Il mondo, le sue contraddizioni, i suoi spigoli sono affrontati grazie alla “dimenticanza”: una strategia tanto potente quanto disfunzionale, ottenuta tramite l’alcol.
Il vino bianco da risorsa si trasforma presto in una vera e propria dipendenza e Daniele scivola in una sorta di spirale autodistruttiva che risucchia ogni ambito della sua vita e che, inevitabilmente, coinvolge anche la sua famiglia.
“Ma io non sono malato, sono vivo oltre misura, come una bestia più consapevole delle altre bestie. Ormai agli uomini non è più permesso interrogarsi, abbracciare fino in fondo l’insensatezza su cui abbiamo costruito certezze assurde.
Perché alla vita, al lavoro, al farsi una famiglia, a queste cose bisogna credere, come un soldato alla guerra.
Come se non bastasse un niente a far scattare il destino, a far finire tutto.
Perché finisce tutto, non rimane niente.
È il niente che mi uccide, che mi ha condotto a questo presente vuoto.
Dovrei solo smettere di chiedere, cercare, dovrei solo far finta di non cogliere ovunque l’assenza di qualcosa, qualcuno.
Un’assenza sterminata che rende infelice anche l’amore.”
Dopo un periodo scandito da risse, ritmi disregolati e incidenti automobilistici, Daniele decide di provare a rimettersi in sesto e chiede aiuto ad un amico, tramite il quale ottiene un contratto con una cooperativa di pulizie legata all’Ospedale pediatrico “Bambino Gesù” di Roma.
Il lavoro è impegnativo, i colleghi diffidenti e soprattutto lavorare in un ospedale pediatrico significa scontrarsi con realtà che spesso sono difficili anche solo da immaginare.
Infatti fin dal primo giorno Daniele subisce un fortissimo impatto con la malattia, con il dolore, con la morte.
“Vorrei dirgli che non c’è nulla di normale nella morte di un bambino. L’infanzia è quella terra da portare in dote negli anni a seguire, è quel poco di gioia che tocca vivere a noi umani, non il luogo in cui finire la propria vita.”
La vita tra i corridoi dell’ospedale e il contatto quotidiano con il calvario dei piccoli pazienti e delle loro famiglie riaccende in Daniele l’esigenza di anestetizzare il dolore che sente e che vede tramite il vino, antidoto e veleno della sua vita.
L’alcol in effetti lo distoglie dai pensieri, ma in cambio corrode ciò che di buono aveva iniziato a costruire.
Toccare il fondo rischiando di compromettere il lavoro e le relazioni con i colleghi aiuta Daniele a iniziare una lenta risalita in cui l’alcol ha sempre meno spazio, mentre gli stessi colleghi, giorno dopo giorno, gli insegneranno a fronteggiare l’aspetto più emotivo del loro lavoro, permettendogli di sopravvivere.
La rinascita passa dall’imparare ad affrontare l’impatto con l’umanità disarmata che incontra e con le proprie vulnerabilità.
L’ospedale, paradossalmente, lo salva: aggiungendo alla sua vita nuovi amici e consapevolezze e sottraendolo alle vecchie strategie di evitamento del dolore.
La casa degli sguardi è il romanzo d’esordio di Mencarelli e fa parte di una trilogia ideale con gli altri due volumi “Tutto chiede salvezza” (da cui è stata da poco tratta una serie Netflix) e “Sempre tornare”.
Mencarelli, con delicatezza, conduce a osservare da vicino l’orrore, al quale – senza alcuna retorica – è in grado di contrapporre squarci di assoluta bellezza.
Questo romanzo è una sorta di inno alla vita e alle sue contraddizioni, alla gioia e alla bellezza, alla malattia e alla morte, in un insieme di gratitudine e accettazione.
“Tutto quello che ha preso la mia vita e l’ha rivoltata è dentro l’ospedale.
Un grammo alla volta, arto dopo arto, fino al cuore, il cervello.
Quando penso a tutti gli incontri, le esperienze, l’aberrazione e l’incanto dentro ogni singolo istante. E la moltitudine di parole che mi viaggia nella mente. Io sono già rinato.
Il primo giorno che ho messo piede al Bambino Gesù.”
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